La Memoria

Santi Cosma e Damiano è uno dei comuni che fanno parte del percorso della memoria. Un percorso che comprende i luoghi più significativi che furono teatro della più aspra e cruenta battaglia sul suolo italiano nella seconda guerra mondiale, tra...

Descrizione

Santi Cosma e Damiano è uno dei comuni che fanno parte del percorso della memoria. Un percorso che comprende i luoghi più significativi che furono teatro della più aspra e cruenta battaglia sul suolo italiano nella seconda guerra mondiale, tra settembre del 1943 e maggio 1944. Il territorio di Santi Cosma e Damiano, infatti, era percorso dalla famosa Linea Gustav, costruita dai tedeschi per fermare l'avanzata degli Alleati verso Roma. La Gustav era una barriera naturale per il nemico. Il paese di Santi Cosma e Damiano ha pagato uno dei più alti tributi sia per i bombardamenti tra le forze rivali e sia per le angherie, i soprusi e gli stupri delle forze marocchine. Il paese per questo è stato insignito della medaglia d'oro al valor civile.
La motivazione al riguardo recita così: "Comune situato in posizione nevralgica, durante l'ultimo conflitto mondiale si trovò al centro degli opposti schieramenti, subendo ogni sorta di violenza dalle truppe tedesche e marocchine e un gran numero di bombardamenti da parte alleata, che provocarono numerosissime vittime civili e la quasi totale distruzione dell'abitato. I sopravvissuti, costretti a trovare rifugio in varie località, resistettero impavidi agli orrori e ai disastri della guerra, offrendo un'ammirevole prova di coraggio ed amor patrio.” (Santi Cosma e Damiano, 1943-1944).

Qualunque cittadino abbia il piacere di dare un proprio contributo all'implementazione della sezione "Memoria" contenuta in questo sito in termini di fotografie, testimonianze e documenti è invitato a comunicarlo o eventualmente a trasferire il materiale disponibile alla segreteria dell'associazione SER.A.L. segreteria@associazioneseral.it

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La "Memoria"
Santi Cosma e Damiano, durante la seconda guerra mondiale, fu totalmente invaso dalle truppe tedesche e la sua popolazione costretta a soffrire patimenti e fame. Inoltre tutto il territorio sancosimese fu disseminato di mine e i suoi campi furono teatro di violente esplosioni. I cittadini per sfuggire ai rastrellamenti furono costretti a rifugiarsi nelle cavità montane dei Monti Aurunci e nelle fogne. Durante il conflitto bellico Santi Cosma e Damiano, che aveva perso la sua autonomia comunale ed era unito a Castelforte a partire dal 1928, vide decimare la sua popolazione e andare completamente distrutto il suo abitato. Le case e i palazzi furono ridotti ad ammassi di macerie. La ferita che la guerra ha creato nei cittadini sancosimesi è ancora aperta ed è ancora vivo il ricordo di quei tragici momenti.

L'abitato di Santi Cosma e Damiano fu interessato dai primi cannoneggiamenti tra il 5 e il 6 novembre 1943. Le prime cannonate caddero in Piazza Garibaldi e presso il Rione Boccasacchi. Ci fu molto spavento tra la popolazione che in gran parte si era rifugiata in montagna in seguito all'armistizio dell' 8 settembre. Infatti era stata disposta l'evacuazione dei cittadini da parte delle truppe tedesche ed essi per fuggire scapparono sui Monti Aurunci. Altri invece per sfuggire ai rastrellamenti si nascosero nelle nauseabonde ed alte fognature sancosimesi aspettando che l'allarme passasse. I tedeschi avevano stabilito il loro comando presso i palazzi nobiliari delle famiglie Viccari e Tibaldi. Tra il 18 gennaio 1944 e il 13 febbraio 1944 le cannonate piovvero sulla cittadina. Tra il 12 e il 13 febbraio il cittadino Vincenzo Tedesco cominciò a fare la spola attraverso le linee minate che percorrevano i campi sancosimesi. Si diffuse rapidamente la notizia che era possibile superare la zona e mettersi in salvo attraverso le Ravi nella zona di S. Lorenzo dove c'erano i liberatori. Questo fu uno dei primi casi di fuga verso la libertà. Una cinquantina di persone, raccoltesi in paese e approfittando dell’oscurità decisero di scendere verso S.Lorenzo – Ceravoli per raggiungere il Garigliano. La piccola colonna iniziò il suo cammino che il buio rendeva arduo ma non impossibile grazie alla conoscenza dei luoghi. Giunti in prossimità del Rio Rave, una sorta di confine naturale tra le due zone militari, coloro che aprivano la marcia finirono su campo di mine. Le esplosioni si accompagnarono all'urlo dei feriti e al terrore dei superstiti che, nel tentativo di evitare le trappole esplosive, si sbandarono attivando nuove esplosioni. La colonna, riacquistato un minimo di consapevolezza, si arrestò, per poi riprendere la marcia notturna senza abbandonare il tracciato reso ormai sicuro da color che, facendo esplodere gli ordigni, avevano anche bonificato un piccolo passaggio, lungo il quale la fila si incamminò. Numerosi furono i morti e i feriti, e la zona aquistò il lugubre nome di “ Valle della morte”. Il desiderio di raggiungere gli alleati al di là del fiume Garigliano creò il mestiere del tutto nuovo di “accompagnatore”. Furono soprattutto i pastori, che conoscevano ogni pietra della collina, a guidare gente da Castelforte, da Ventosa, da SS.Cosma e Damiano verso la valle attraversata dal fiume. Quando, dopo ore di pericoloso cammino, i fuggiaschi raggiungevano la sponda sinistra del Garigliano, in mano alleata, i militari ne prendevano i nomi, apponevano loro un timbro su un braccio e li avviavano ai centri di disinfezione e di smistamento in Campania e soprattutto in Calabria.

L'11 maggio le truppe francesi e americane aprirono il fuoco su tutto il fronte e l'altura di SS. Cosma e Damiano fu attaccata dal 350° battaglione del colonello James C. Fry che dopo aver occupato l'abitato proseguì verso monte Rotondo e monte Cerri. Durante l'avvicinamento inizialmente il battaglione non incontrò resistenza ma dopo tre quarti d'ora dall'inizio dell'attacco, dalla collina di Ventosa partì un fuoco micidiale di contrasto. Sulla sinistra il reggimento attaccò il monte Damiano ed eliminate le postazioni tedesche, catturò la collina.
Nonostante siano trascorsi sessant’anni, torna viva alla memoria quella tremenda tragedia che ha sconvolto il nostro paese e ha sottoposto a duri sacrifici e a patimenti inauditi la popolazione che, strappata dai rifugi ove si era rintanata, ha vissuto il doloroso calvario della deportazione e l’amara condizione dei profughi. Sessant’anni sono tanti, ma il ricordo non è affatto sbiadito. Quei terribili momenti rendono ancora i sogni smaniosi e tormentosi. Nel buio e nel silenzio della notte, come in un film a volte muto, a volte sonoro, scorrono vivi quei momenti tristi che hanno segnato la nostra esistenza, tornano alla mente i ricordi e il volto delle persone amiche travolte dalla tragedia.
Ora come allora odo il lamentoso pianto di Gennarino che veglia il corpo esanime di Tarquinio, ucciso da una scheggia di granata. Mi appare l’immagine di Giovanni Ciavolella con il volto insanguinato, raggiunto da un colpo di fucile mentre percorreva il sentiero della speranza Rio Rave, che viene portato a casa, sorretto da due soldati tedeschi, preceduti da un terzo soldato con la bandiera bianca. Odo imponente la cinica ed ironica risata di una SS, seguita alla scarica di mitraglietta che ha ucciso Antonio Polidoro. Sento le parole, senza senso, pronunciate nel delirio da ammalati di tifo, il crepitio lontano di una mitragliatrice e l’esplosione di un proiettile di cannone molto vicina. Sento l’accorato pianto di una bambina che nella notte chiede una carruba perché ha fame. Sento i passi cadenzati di un reparto tedesco che va in prima linea. Vedo, con orrore, il corpo penzolante di una donna ciociara impiccata dai Tedeschi. Sento la voce rauca e minacciosa di un gendarme che grida “RAUS RAUS”, mentre spinge con il calcio del fucile una donna. Vedo Argìa seduta su di una sedia, come se dormisse, uccisa da una scheggia di granata.
Le battaglie e i sanguinosi scontri avvenuti tra il settembre 1943 e il 1944, che vedono affrontarsi le forze tedesche e quelle alleate, sul fronte del basso Garigliano, con caposaldo il nostro paese, sono stati narrati, documentati e seguiti giorno per giorno da inviati speciali e fotoreporter civili al seguito delle truppe combattenti. Tuttavia la descrizione completa della nostra tragedia rimane e rimarrà sempre incompiuta, in quanto molti episodi sono stati dimenticati; altri fatti non hanno lasciato tracce; altri non sono stati mai conosciuti perché i protagonisti sono scomparsi portandosi dietro il dramma da loro vissuto o hanno ritenuto di non parlarne più per non dover rivivere quei momenti e per non aprire ferite non ancora rimarginate. La popolazione rintanata nei nascondigli ha vissuto momenti di disperazione, di angoscia indimenticabile, abbandonata come era al suo destino; ognuno di noi ha vissuto il proprio dramma nell’ambito del suo rione, della sua famiglia. Gli innumerevoli angosciosi ricordi che dopo tanto tempo affiorano tuttora alla memoria e nei sogni, sono vivi e nitidi.

Tratto da: Arduino Di Tano, “Diario di una tragedia dimenticata, 1943 – 1944 Linea Gustav” Book 2009
Su un loculo annerito dal tempo, presso il cimitero di SS. Cosma e Damiano, sul muro perimetrale di destra, poco dopo l’antico ingresso principale, esiste una lapide che ammonisce che in esso sono conservati i resti mortali di Antonio D’Aprano, di anni 11, fucilato dai tedeschi.
Questa storia avrebbe poco di singolare se le vicende che portano alla fucilazione del bambino non avessero qualcosa di particolare. Si è conosciuta nel 1979, allorquando i ragazzi della locale Scuola Media hanno ricordato i coetanei caduti per la guerra.
Sorpreso, in località “Ceracoli”, nell’aperta campagna di SS. Cosma e Damiano, mentre pascolava un branco di pecore, il piccolo oppose resistenza quando i tedeschi fecero comprendere di volersi impadronire del suo umile gregge. Protestò e si fece valere. Allora i tedeschi chiesero al fanciullo di condurli dai genitori, di farli parlare col padre!
La famiglia D’Aprano, di fronte al sopruso, aveva guadagnato la macchia. Il piccolo fanciullo non poté fare altrettanto. Si era trovato di fronte i gendarmi con le pistole in pugno. Non volle consegnare le pecore, né indicò dov’era nascosto il padre. Di fronte al diniego del bambino, la risposta fu una raffica di mitraglia! Un colpo colpì al capo del bambino, che stramazzò al suolo, in una pozza di sangue.
I tedeschi, impadronitisi del gregge, andarono via. I genitori del piccolo Antonio, agli spari, uscirono dalla grotta e soccorsero il bambino, che si lamentava. Lo fasciarono e lo condussero ad Ausonia e quindi all’Ospedale tedesco di Esperia. Di lì fu trasportato a Pontecorvo, ove, poco dopo il ricovero in ospedale, morì. Fu seppellito sotto pochi palmi di terra dai genitori sconsolati.
Nel 1946 il Capo dello Stato decorò con Medaglia d’argento al Valor civile il gonfalone del comune di SS. Cosma e Damiano. Però, nell’elenco delle vittime, il nome di Antonio D’Aprano non era ancora riportato, a distanza di 20 anni. È successo così per tanti poveri casi! I registri dello Stato Civile in molti Comuni del Lazio meridionale nel corso del 1944 non vennero compilati. Molte denunce o sentenze di morte furono annotate, a volte, dopo molti decenni!

Tratto da “Sono centomila i morti tra il Mare Tirreno Cassino e l’Adriatico? Ricerca di Storia contemporanea di un Gruppo di lavoro dell’Istituto Magistrale di Cassino” Autori Vari

La signora Antonietta Mallozzi, intervistata dal nipote Enrico Di Biasio, racconta alcuni episodi del periodo della seconda guerra mondiale, quando lei aveva solo otto anni e, anche se è trascorso tanto tempo, quei tristi episodi bellici le ritornano ancora oggi alla mente in tutta la loro tragicità.

"Che esperienza terribile! C'era la linea de mine cioè no tratturieglio dò tanti ci sò muorti; chi pè prima cià provato a lo attraversà cià lassato la pelle. La prima ote 'nce l'amo fatta manco noa, pecchè certi che steano prima te noa sò muorti, perciò, noa m'pauriti, simo tornati arreto. La seconda ote ce l'amo fatta. E' stato terribile, non me lo pozzo scordà, gli peruzielli miei tento no paro te ciociari rutti se toeano poggià n'coppa gli cataveri, pecchè là caccheruno, lassandoci la vita, avea sminato. Gliò contatto collo friddo della morte, significava vita per me. Accosì m'pauriti e malinconici, co tutta la famiglia, simo sciuti agli Malamba, a San Lorenzo, addò mo ci sta glio negozio".........

Nella nostra società e soprattutto per le generazioni future, questi ricordi assumono un grande rilievo; poter lasciare traccia di episodi legati a vicende di forte impatto sociale che hanno caratterizzato il tempo, ormai lontano, del passaggio della Seconda guerra mondiale dalla nostra terra e dalle nostre case, evitando così di farli cadere nell'oblio.

Ancora più significativo è ricordare i passaggi cruciali di vicissitudini di molti nostri cittadini che raccontano momenti di vera storia.

La signora Antonietta continua il suo commovente racconto dicendo "La fame aumentava ogni giorno di più, ce mangeamo solleccole, fasuri, cici, ficosecche, pane te raurigna e raurigna che pisteamo co ca preta e mama lo cocea tento na caorarella, tipo vreone pe gli puorci, ma i' cheste cose ne diggerivo e quindi non me mangiavo quasi niente. Mama e l'ate femmene sciano te notte sulo pe se procurà caccosa pe mangià, co noa ci steano puro certi soldati disertori"
In questa sezione sono riportate le interviste realizzate ai testimoni diretti delle vicende belliche legate alla linea Gustav che hanno caratterizzato il territorio di Santi Cosma e Damiano.
Nelle interviste sono riportati alcuni episodi della lunga serie di "misfatti" che la guerra ha causato oltre a scene di vita quotidiana e ad espedienti che gli "allora" ragazzi hanno dovuto fronteggiare per superare le difficoltà.

Documenti

In questa sezione sono riportati testi che documentano le vicende accadute sul territorio. Inoltre è possibile leggere anche un diario realizzato dai ragazzi dell'IC Guido Rossi e costruito a partire dalle vicende e dai racconti dei nonni.

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